Come già accennato in precedenti articoli, il tessuto osseo (compatto, spugnoso o lamellare) è meccanicamente molto resistente.
Nonostante questo, se sottoposto a urti o eventi traumatici importanti, anche le ossa più resistenti del nostro corpo possono cedere.

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Quando ci si trova di fronte ad una frattura delle ossa lunghe, solitamente, si ricorre approccio di tipo conservativo che prevede l’immobilizzazione mediante bendaggio gessato.

Quando la procedura di bendaggio gessato non è attuabile a causa del tipo di trauma, si aprono tre strade:

  • La stabilizzazione mediante fissatore esterno
  • la stabilizzazione mediante chiodi endomidollari

In questo articolo ci concentreremo sul terzo metodo: il chiodo endomidollare.

Strumenti chirurgici: cos’è un chiodo endomidollare?

L’utilizzo di questi strumenti chirurgici come chiodi endomidollari, non è cosa recente. Già nel 1958 l’AO ASIF (Associazione per lo studio della fissazione interna) aveva formulato dei principi base che, successivamente, si sono trasformati nei principi guida per la fissazione interna, ed in particolare per l’applicazione di chiodi endomidollari.

La forma, le dimensioni e le caratteristiche di questi chiodi endomidollari, è differente a seconda dell’osso che si deve stabilizzare.

Questi strumenti chirurgici come i chiodi endomidollari permettono la fissazione di ossa lunghe lavorando dall’interno dell’osso stesso, nella zona endomidollare (da cui prendono il nome).

In questo articolo parleremo dei chiodi endomidollari dedicati all’omero.

Le fratture dell’omero prossimale rappresentano circa il 4-5% di tutte le fratture e si verificano più comunemente nei pazienti anziani.

L’obiettivo di ogni trattamento, tra cui l’utilizzo di chiodi endomidollari, è realizzare una buona ripresa funzionale della spalla in assenza di dolore residuo.

I sistemi di fissazione dei chiodi endomidollari descritti in letteratura per applicazioni del genere sono molteplici, per ognuno di loro esistono vantaggi ed eventuali complicanze.

Come ad esempio: fallimento dell’osteosintesi delle viti o il mal consolidamento o ritardo di consolidazione della frattura.

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Per cercare di ridurre il più possibile le complicanze sopra citate e garantire una fissazione stabile, molto spesso si ricorre all’utilizzo di chiodi endomidollari (vedi immagine sopra).

Questi chiodi sono solitamente prodotti in titanio. Materiale notoriamente bio-compatibile.

Esistono poi, come sempre, dei prodotti che hanno voluto migliorare il prodotto base arricchendolo di tecnologia a vantaggio delle prestazioni pratiche.

Queste caratteristiche innovative e funzionali, hanno reso il prodotto maggiormente performante in determinate situazioni. Uno di questi, di cui siamo i fornitori, è il chiodo endomidollare bicomponente della LSM-MED (www.lsm-med.com).

Questo chiodo endomidollare ha una caratteristica unica: è formato da due componenti base.

Il primo, che fornisce resistenza meccanica, è il titanio. Il secondo, utile per il posizionamento delle viti e per fornire altri vantaggi che vedremo successivamente, è il CFR Peek.

 

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Come avviene la produzione di un componente del genere, e quali sono i suoi vantaggi pratici?

Cominciamo dall’aspetto produzione.

Il chiodo raffigurato nell’immagine precedente è realizzato, come accennato precedentemente, in titanio per il 90%.

La sua realizzazione è affidata a dei centri di tornitura di ultima generazione, con accorgimenti atti a permettere la foratura profonda su barre di titanio. Lavorazione non di certo semplice.

Dopo la fase di tornitura, i chiodi endomidollari vengono piegati per dare loro la forma adatta ad essere impiantati all’interno dell’osso.

Successivamente a questa fase avviene il costampaggio del CFR peek. Il chiodo in titanio viene posizionato all’interno dello stampo e gli viene sovra-stampato il materiale plastico.

Ma quali sono i vantaggi pratici di questo chiodo endomidollare, bicomponente?

Sotto il piano tecnico i vantaggi si possono riassumere in: posizionamento e angolazione delle viti di fissaggio non vincolata dalle forature preesistenti sul chiodo endomidollare.

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Come si può vedere dall’immagine sopra, la possibilità di angolazione in fase di procedura chirurgica, è molto utile non essendo sempre simile la rottura ossea che si deve stabilizzare.

Unaltro vantaggio non trascurabile è dato dalla stabilità angolare delle viti prossimali che, bloccandosi nel materiale plastico realizzano questo principio divenuto ormai irrinunciabile in campo chirurgico ortopedico.

Come sicuramente avrete intuito anche gli strumenti chirurgici per impiantare un prodotto tecnologicamente avanzato come questo, non possono essere da meno.

Per questo motivo abbiamo progettato e realizzato degli strumenti dedicati alla procedura chirurgica di questi chiodi endomidollari per omero.

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Nell’immagine potete vedere lo strumento, denominato: portachiodo, che permette al chirurgo di posizionare il chiodo endomidollare nell’omero.

Oltre a questa primaria funzione, assolve anche ad un secondo requisito fondamentale per questo genere di operazioni: la centratura delle forature e del successivo posizionamento delle viti di bloccaggio.

Anche in questo caso la nostra esperienza nelle lavorazioni metalliche e plastiche in ambito medicale ci ha permesso di realizzare uno strumento tecnologicamente molto avanzato a costi, per il settore, non proibitivi.

 

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